La sostenibilità ESG non è per le imprese monodecisionali
- Unicsa
- 19 mar
- Tempo di lettura: 15 min

Queste aziende, indipendentemente dal fatturato, dal numero di dipendenti o dalla forma societaria adottata, si caratterizzano per l'assenza di una vera struttura a livelli dirigenziali di tipo C-Level.
In tali realtà, la fragilità e l'imperfezione umana finiscono per dominare il processo decisionale, trasformandosi in un limite concreto al successo aziendale.
Le decisioni vengono prese in modo impulsivo, emotivo, istintivo, spesso guidate da simpatie, antipatie o dalla conquista del piacere immediato, compromettendo inevitabilmente le azioni strategiche necessarie per garantire una motivante prospettiva futura che restituisca continuità aziendale.
Questa dinamica è particolarmente evidente nelle micro e piccole imprese (MPI), già impegnate nella lotta quotidiana per la sopravvivenza. Per queste realtà, l’introduzione delle responsabilità legate ai principi ESG (Environmental, Social, Governance) rappresenta un ulteriore ostacolo, percepito spesso come insormontabile. Senza una visione strategica e una struttura dirigenziale in grado di pianificare e implementare cambiamenti a lungo termine, il rischio è che queste aziende rimangano bloccate in un circolo vizioso, incapaci di evolversi per rispondere alle nuove esigenze del mercato e delle normative.
I titolari di queste imprese, spesso mancano:
del TEMPO necessario per comprendere per comprendere il contesto in cui operano e per prepararsi ad affrontare i cambiamenti che questo richiede;
delle RISORSE, anche finanziarie, necessarie per investire nello sviluppo del proprio business, nella formazione continua e nell’implementazione di strategie di crescita sostenibile. Queste nuove misure possono includere l’adozione di principi di efficacia personale, di management, leadership e di ESG, la digitalizzazione dei processi, l’espansione commerciale, l’ottimizzazione dei costi e il miglioramento delle competenze del team. Inoltre, senza risorse personali come energia mentale, capacità organizzative, resilienza emotiva e motivazione, l’imprenditore rischia di cadere in una condizione di esaurimento. È in questo stato che rimane intrappolato in una gestione stagnante e reattiva, incapace di evolversi e di affrontare le sfide di un mercato in continua trasformazione;
delle PERSONE adatte a condividere e seguire nuovi principi integrati in una nuova visione aziendale. Non qualunque persona, ma quelle qualificate e motivate con competenze tecniche adeguate, capacità di problem solving e la mentalità necessaria per affrontare il cambiamento. Non si tratta solo di dipendenti esecutivi, ma di figure capaci di contribuire attivamente alla strategia, condividendo la responsabilità di guidare l'azienda verso obiettivi più ambiziosi dentro una chiara visione aziendale. Questa visione deve ispirare sia il titolare che il team, offrendo una direzione chiara per superare la stagnazione e costruire un futuro solido. Senza le persone giuste, questi principi e questa visione restano parole vuote, impossibili da realizzare.
Ci sono molte imprese che sono penalizzate dal mercato, dalla concorrenza e dalla stagnazione e questi requisiti appaiono letteralmente irrealizzabili.
Certo sarebbe più corretto dire che non sono in grado di sopravvivere al mercato, competere con la concorrenza e vivono la stagnazione del loro business, ma questo diventerebbe un'altro capitolo.
Queste aziende sopravvivono a malapena e non riescono a dimostrare una continuità aziendale o una prospettiva futura motivante, rischiando concretamente di essere escluse, indipendentemente dalla validità della loro rendicontazione burocratica degli ADEGUATI ASSETTI e dei principi ESG.
Se consideriamo le condizioni in cui versano molte MPI, non possiamo ignorare le loro difficoltà strutturali.
Tutte le soluzioni per il miglioramento aziendale presuppongono l'esistenza di risorse fondamentali: tempo, denaro e personale qualificato. Quando queste risorse mancano, come nel caso di imprese gravemente penalizzate dalla stagnazione, dal mercato e dalla concorrenza, la capacità di attuare cambiamenti significativi diventa quasi impossibile.
1. Il Tempo come Risorsa Scarsa
La maggior parte delle soluzioni richiede che il titolare dedichi tempo alla preparazione come fosse un atleta. Un imprenditore, proprio come un atleta, deve allenarsi per migliorare le proprie capacità e affrontare le sfide con la giusta preparazione.
Nel contesto aziendale, questo "allenamento" significa dedicarsi all’apprendimento continuo, perfezionare le abilità di pianificazione e affinare la gestione delle nuove implementazioni strategiche.
Tuttavia, per molti imprenditori, soprattutto nelle micro e piccole imprese (MPI), questo ideale di formazione costante si scontra con una dura realtà: il tempo che sempre manca.
Schiacciati dall’operatività quotidiana e dalle emergenze che si presentano continuamente, è estremamente difficile per loro trovare lo spazio necessario per concentrarsi su strategie di lungo termine. La gestione reattiva prende il sopravvento, creando un circolo vizioso:
senza il tempo per pianificare e apprendere, non si riesce a prevenire problemi o a migliorare le condizioni operative, e ciò porta a dover affrontare nuove crisi in modo improvvisato.
Questa dinamica, se non interrotta, limita le possibilità di crescita e di successo aziendale. Dedicare tempo alla propria preparazione non è un lusso, ma un investimento essenziale per ogni imprenditore che voglia costruire un’impresa solida e resiliente. Cambiare prospettiva e riconoscere l’importanza di questa "preparazione atletica" è il primo passo per trasformare le urgenze quotidiane in opportunità di sviluppo strategico.
2. Risorse Economiche Insufficienti
Investire in sviluppo, tecnologia o formazione è cruciale per trasformare il modello di business.
Ma se l'impresa opera con margini ridottissimi o affronta difficoltà finanziarie, non dispone dei mezzi per sostenere tali costi.
Senza investimenti, l'innovazione rimane un miraggio. Molti titolari di imprese Mono Decisionali pensano che l’innovazione sia un lusso per le grandi imprese o per chi ha i soldi. Ovviamente si stanno raccontando delle scuse che li condannano a rimanere fermi, lì dove già sono. Investire in sviluppo, tecnologia o formazione non è un’opzione: è l’unica strada per uscire dalla stagnazione e competere in un mercato che non ti aspetta.
Certo, se l'impresa vive con margini risicati o è soffocata dalle difficoltà finanziarie, è normale reputare impossibile trovare le risorse per farlo. Ma si deve far capire una cosa: senza investimenti, anche minimi e mirati, non si andrà oltre la sopravvivenza. E quella, diciamocelo, non è vita per nessuno e neanche per il business.
L’innovazione non è un miraggio perché mancano i soldi, ma quando manca la volontà di cambiare, di imparare e di accettare che la vera colpa non è del mercato, dei clienti o della concorrenza, ma di un atteggiamento che si rifiuta di guardare oltre il presente.
A questi imprenditori io dico: Smettila di giustificarti con “non posso permettermelo” e inizia a chiederti: “Cosa posso fare con quello che ho, oggi, per cambiare domani?”. Questo è il primo passo per smettere di sopravvivere e cominciare a costruire qualcosa di più grande.
3. Mancanza di Risorse Interne per il Cambiamento
Affrontare qualunque tipo di cambiamento o implementazione richiede energia, impegno e la volontà di adottare una visione a lungo termine, rinunciando alla gratificazione immediata.
Come affermava Peter Drucker, "La gestione è fare le cose nel modo giusto; la leadership è fare le cose giuste".
Il coraggio è la virtù principale. Serve determinazione per agire anche quando tutto suggerisce di rimandare, disciplina per seguire principi e linee guida strategiche, e perseveranza per attendere che i semi piantati diano il frutto.
La mancanza di risorse interne per il cambiamento non riguarda solo il personale o il capitale umano, ma spesso anche un vuoto culturale all’interno dell’impresa.
Molte piccole realtà si basano su abitudini radicate e su una mentalità chiusa, dove il cambiamento è visto come una minaccia e non come un’opportunità. Questo atteggiamento è il primo ostacolo al progresso.
Cambiare significa sfidare il "si è sempre fatto così" e uscire dalla zona di comfort, ma per farlo non basta il desiderio.
Serve una visione chiara e condivisa, accompagnata da una cultura aziendale che premi l’innovazione e la resilienza. Senza questa mentalità, anche i migliori piani strategici finiscono per fallire perché mancano la motivazione e l’impegno per realizzarli.
È importante anche riconoscere che il cambiamento non si affronta da soli. L’imprenditore deve costruire una squadra che non solo esegua ordini, ma condivida una visione e partecipi attivamente al processo di trasformazione. Questo richiede tempo e pazienza, ma soprattutto un leader capace di ispirare fiducia e un manager capace di delegare con efficace intelligenza.
Un imprenditore che continua a voler fare tutto da solo non può aspettarsi di far crescere un’impresa.
Infine, c’è un elemento spesso sottovalutato: la capacità di accettare gli errori come parte del percorso. Cambiare significa anche rischiare, provare, fallire e imparare. La perseveranza non è solo il coraggio di continuare, ma anche la forza di rialzarsi e correggere la rotta. Senza questa attitudine, ogni tentativo di innovazione resterà incompiuto.
4. Assenza delle Persone Giuste
Senza un team qualificato e motivato, il peso dell'innovazione e della trasformazione ricade interamente sul titolare.
Spesso, le persone non possiedono né le competenze né le energie per affrontare da soli queste sfide. La mancanza di supporto interno limita drasticamente le possibilità di successo.
L’assenza delle persone giuste non è solo un problema operativo, ma anche un limite strategico. Un team inefficiente o demotivato non solo rallenta i processi, ma contribuisce a perpetuare una cultura aziendale stagnante, priva di stimoli e innovazione. Senza collaboratori che condividano la visione dell'imprenditore, ogni sforzo di cambiamento si trasforma in un percorso isolato e destinato a fallire.
In molte imprese, soprattutto nelle micro e piccole, si tende a scegliere collaboratori in base alla convenienza economica o a rapporti personali, piuttosto che alle reali competenze e al potenziale di crescita.
Questo approccio genera un ambiente in cui il personale non è solo carente nelle capacità tecniche, ma anche disinteressato e poco coinvolto nei processi decisionali e nei progetti a lungo termine.
Un altro fattore determinante è la mancanza di leadership. Se il titolare non riesce a motivare e guidare il proprio team, anche le persone più qualificate tenderanno a perdere entusiasmo e a limitarsi a svolgere il minimo indispensabile. La leadership non si basa solo sull’autorità, ma sulla capacità di ispirare e di creare un senso di appartenenza e responsabilità condivisa.
Un team giusto non è solo competente, ma è composto da persone che comprendono e sostengono la visione dell’impresa.
Queste persone devono essere messe nelle condizioni di esprimere il proprio potenziale, grazie a una comunicazione chiara, a obiettivi ben definiti e a un ambiente che favorisca l’apprendimento continuo.
Infine, l'assenza di persone giuste non deve essere un alibi per rimanere fermi. Spesso, nelle imprese più piccole, non ci si può permettere di assumere un team completo e qualificato.
In questi casi, è fondamentale puntare su risorse esterne: consulenti, mentori, collaborazioni temporanee o perfino il coinvolgimento di università e centri di formazione. Investire nel networking e creare partnership e connessioni strategiche può supplire alla mancanza di un team interno completo e offrire nuove prospettive di sviluppo.
Senza persone motivate e competenti, un’impresa non è altro che un insieme di processi privi di anima e direzione. Trovare o formare le persone giuste è un passo obbligato per trasformare un progetto statico in una realtà dinamica e competitiva.
Tutto È Connesso
C'è un circolo vizioso che tutti conoscono e che pochi riconoscono. Sembra un gioco di parole ma in realtà non lo è.
Seguimi nel ragionamento:
Senza tempo, non si può pensare a come migliorare i margini o gestire meglio le risorse.
Senza risorse, non si possono fare investimenti per risparmiare tempo o attrarre persone di talento.
Senza persone di talento, tutto ricade sul titolare, che perde ulteriormente tempo e riduce la capacità di generare valore.
È il cane che si morde la coda: ogni elemento dipende dall’altro, e la mancanza di uno amplifica la carenza degli altri. È come una ruota che gira su sé stessa, ma non avanza, perché ogni sforzo viene divorato dalla stessa dinamica che si cerca di superare.
Quella che io chiamo la ruota del criceto.
In questo circolo vizioso, l'azienda si ritrova a sopravvivere giorno per giorno, perdendo la capacità di costruire un futuro.
È nato prima l'Uovo o la Gallina? Non c'è una risposta univoca. Ogni impresa può trovarsi a iniziare il suo percorso vizioso da un punto diverso:
Per alcune, è la mancanza di tempo: troppi impegni operativi impediscono di pensare strategicamente.
Per altre, è la carenza di risorse: margini troppo bassi e scarsa energia personale rendono impossibile investire in crescita.
Altre ancora soffrono per l'assenza di collaboratori motivati e qualificati, il che le costringe a una gestione inefficiente.
In realtà, però, il problema reale non è mai un singolo elemento, ma il sistema nel suo complesso.
Ogni pezzo influisce sugli altri, creando una spirale discendente che, se non interrotta, porta inevitabilmente al collasso.
Non è solo questione di mancanza di tempo, risorse e persone ma anche di vedere le cose
1. Imprese Penalizzate e Stagnanti
Queste imprese non sono solo vittime di difficoltà economiche, ma spesso anche di un'incapacità strutturale di rinnovarsi.
Si trovano spesso intrappolate in un ciclo di sopravvivenza, dove ogni energia è dedicata a "tirare avanti" senza alcuna spinta verso il miglioramento o l'innovazione.
La mancanza di una visione motivante non è solo un problema strategico, ma anche un sintomo di una cultura aziendale priva di ambizione, che scoraggia ogni tentativo di crescita.
Un aspetto critico di queste imprese è l’incapacità di distinguere tra urgenze e priorità. Molto spesso, la gestione quotidiana si concentra esclusivamente sul risolvere problemi immediati, come il pagamento dei fornitori o la gestione dei flussi di cassa, trascurando del tutto la pianificazione a lungo termine.
Questo approccio reattivo non solo esaurisce le risorse, ma crea un ambiente in cui le opportunità vengono ignorate perché percepite come "non fattibili" o "troppo rischiose".
La stagnazione, inoltre, rende queste imprese poco attraenti per i collaboratori, che preferiscono realtà con maggiore stabilità e prospettive di crescita.
Lo stesso vale per i finanziatori, che vedono in queste aziende un rischio elevato senza un chiaro ritorno sull’investimento. Anche i clienti possono essere meno propensi a scegliere un’impresa che non trasmette fiducia e vitalità, sempre più attenti alla qualità, all’innovazione e ai valori aziendali.
Un’altra causa della stagnazione è spesso legata all’incapacità di adattarsi ai cambiamenti del mercato.
Settori che un tempo erano floridi sono diventare obsoleti a causa di nuovi trend tecnologici, preferenze dei consumatori o normative più stringenti. Le imprese che si limitano a replicare vecchi modelli senza innovare finiscono per essere superate dalla concorrenza più agile, illuminata e preparata.
Strategia per Uscire dalla Stagnazione
Invertire la rotta per queste imprese sembra impossibile, perchè richiede un cambiamento radicale nella mentalità e nell'approccio. In realtà, se vuoi puoi.
È possibile a condizione che si seguano degli step strategici:
Il primo passo è riconoscere che la stagnazione non è una condizione inevitabile, ma il risultato di scelte, o mancate scelte, fatte nel tempo. Serve una leadership che sappia vedere oltre le difficoltà immediate, individuando anche piccoli spazi di miglioramento.
Un progetto iniziale di rinnovamento, anche limitato, può generare una dinamica positiva e fungere da base per ulteriori sviluppi. Inoltre, è fondamentale cercare supporto esterno.
Un imprenditore non può permettersi di rimanere isolato. Coinvolgere consulenti, entrare in reti di imprese, o cercare partnership strategiche può fornire l’ossigeno necessario per ripensare il modello di business. Anche finanziamenti ben mirati e pianificati, possono essere uno strumento per uscire dalla stasi e rilanciare l’impresa.
Occorre lavorare sulla comunicazione e sulla percezione del valore dell’azienda. Una realtà stagnante non deve per forza essere percepita come destinata al fallimento. Raccontare una nuova storia, condividere anche piccoli passi verso il miglioramento e mostrare impegno per il cambiamento possono attrarre nuove opportunità, che si tratti di collaboratori, clienti o investitori.
Una motivante prospettiva futura non è solo un'opzione per queste imprese: la visone è una necessità. Senza un progetto che ispiri fiducia e ambizione, non c'è continuità possibile. Ma con il giusto approccio, anche le realtà più penalizzate possono trovare un modo per riemergere.
2. La Rendicontazione Burocratica Non È Sufficiente
Qualunque attività formalmente valida, come richiesto dai principi ESG o dalle normative, non può sostituire la necessità di una strategia aziendale sostenibile.
Le imprese senza una motivante prospettiva futura rischiano di rimanere bloccate o di uscire dal mercato, indipendentemente dalla conformità formale alle regole.
I principi ESG (Environmental, Social, Governance), se percepiti come un semplice adempimento o come una "moda" del politicamente corretto, rischiano di essere svuotati del loro significato più profondo. Diventano, così, meri obblighi imposti dall'esterno, anziché opportunità per trasformare un'azienda dall'interno.
L'essere umano, di fronte a concetti complessi o poco chiari, tende a semplificarli e a ridurli a ciò che appare più immediato. Per molte imprese, ciò si traduce nel vedere l’ESG come un'incombenza formale: fare dichiarazioni, compilare moduli, produrre documenti e adottare soluzioni superficiali per apparire "conformi". Questo approccio, purtroppo, trasforma un potenziale strumento di crescita in una sterile esercitazione burocratica, priva di sostanza e di impatto reale.
Perché l’ESG abbia un senso e diventi un valore aggiunto, deve essere compreso e integrato nei valori stessi dell'impresa e, ancora di più, nelle sue possibilità concrete. Non serve a nulla proclamare una politica ambientale ambiziosa di facciata o promuovere sterili iniziative sociali se queste non riflettono ciò che l’azienda può effettivamente fare o non sono percepite come autentiche dai clienti, dai collaboratori e dal mercato.
Il cambiamento, quindi, deve partire dall’interno.
Un’azienda dovrebbe interrogarsi non solo su cosa deve fare per essere in regola o costruire una visione opportunistica sul mercato, ma si dovrebbe interrogare su cosa può fare per essere migliore, più sostenibile e più competitiva.
Ciò richiede di tradurre gli obiettivi ESG in azioni praticabili e scalabili, adattandole alle reali capacità dell’impresa. Ad esempio, una piccola azienda potrebbe iniziare con misure semplici, come ridurre gli sprechi energetici, adottare materiali riciclabili o migliorare il benessere dei dipendenti. Non è necessario partire da rivoluzioni straordinarie: ogni passo, anche minimo, può generare valore se coerente con la realtà aziendale.
L’ESG non dovrebbe essere visto come una gabbia burocratica, ma come una lente attraverso cui ripensare il proprio modo di fare impresa. Questo richiede, però, un cambio di mentalità: smettere di vederlo come un costo imposto dall’esterno e iniziare a considerarlo come un investimento per costruire una visione strategica di lungo termine.
La sostenibilità non è una questione di apparenza, ma di sostanza. E questa sostanza nasce dalla volontà di fare ciò che è possibile oggi per costruire un futuro migliore domani.
Per affrontare questa sfida, però, serve pragmatismo.
Non tutte le imprese possono permettersi di abbracciare grandi progetti ESG dall’oggi al domani.
Ecco perché è fondamentale adottare un approccio incrementale: piccoli cambiamenti che generino un impatto tangibile, aumentando gradualmente la capacità dell’azienda di integrare principi più ambiziosi.
Allo stesso tempo, le imprese devono saper cercare supporto, sfruttando risorse gratuite, incentivi pubblici, o collaborazioni con altre realtà locali.
Dobbiamo avere ben chiaro che la rendicontazione è solo uno strumento, non un fine.
Se non è accompagnata da una visione motivante e da un’autentica volontà di cambiare, rimane una pratica vuota, incapace di sostenere la crescita aziendale. Ma per chi riesce a vedere l’ESG come una possibilità e non solo come un obbligo, si apre la strada per un futuro in cui sostenibilità, competitività e valori aziendali possono finalmente coincidere.
Il Circolo Vizioso delle Imprese in Difficoltà
Molti dei cambiamenti presuppongono risorse che queste imprese semplicemente non possiedono. È una realtà dura ma molto comune, specialmente per quelle imprese che sopravvivono con margini risicati, senza una chiara direzione e schiacciate dalla concorrenza o dai mutamenti del mercato.
1. Obsolescenza di Mercato
Alcune di queste attività operano in settori dove il mercato saturo le ha rese obsolete. La concorrenza è spietata, spesso dominata da grandi aziende che beneficiano di economie di scala e che la fanno da padrone sul mercato. Queste piccole imprese non si sono adattate ai cambiamenti tecnologici o a quelli sociali, dettati dalle nuove preferenze dei consumatori, rimanendo indietro.
2. Mancanza di Risorse e Visione
Senza margini operativi sufficienti, non si può investire nella crescita e nello sviluppo di nulla. La mancanza di una visione futura deprime sia il titolare che i dipendenti, creando un ambiente povero, immerso nella negatività, stagnante e poco propenso al cambiamento.
3. Gestione Reattiva
La gestione si concentra esclusivamente sulla risoluzione di problemi immediati, senza spazio per la pianificazione o l'innovazione. Questo approccio reattivo impedisce di intraprendere iniziative strategiche che potrebbero migliorare la situazione.
4. Isolamento
Queste imprese spesso operano in solitudine, senza far parte di network o associazioni di categoria che potrebbero offrire supporto, competenze o risorse condivise. Mancano di accesso a mentori, opinions leader o consulenze qualificate che potrebbero guidarle verso nuove opportunità.
Strategie per Chi Ha Risorse Limitate
Quando le risorse sono praticamente inesistenti, le soluzioni devono essere realistiche e attuabili senza richiedere investimenti significativi.
1. Ridurre il Carico Operativo Immediato
Creare spazio mentale e operativo per il titolare è fondamentale. Documentare le attività ricorrenti con semplici procedure permette a chiunque nel team di eseguirle, liberando tempo prezioso. Anche una delega graduale di compiti meno critici può alleggerire il carico sul titolare.
2. Focalizzarsi su Soluzioni Semplici
Invece di tentare grandi rivoluzioni, è più efficace identificare una singola azione che possa migliorare la situazione senza aggiungere ulteriore stress. Ad esempio, sperimentare una promozione locale o ridurre gli sprechi concentrandosi sui prodotti più venduti può generare segnali positivi.
3. Cercare Aiuto Esterno a Costo Zero
Molte organizzazioni offrono supporto gratuito alle piccole imprese. Associazioni di categoria, consorzi locali, università o scuole tecniche possono fornire consulenze, tirocinanti o progetti collaborativi senza costi aggiuntivi. Questo supporto può offrire nuove prospettive e competenze.
4. Ridefinire le Priorità per la Sopravvivenza
Invece di inseguire visioni ambiziose, è essenziale stabilizzare l'attività concentrandosi sull'essenziale. Tagliare i costi superflui e rivedere l'offerta focalizzandosi sui bisogni reali dei clienti può aiutare a guadagnare tempo e risorse.
5. Sfruttare la Rete Personale
Coinvolgere amici, familiari o clienti fedeli può portare idee fresche e supporto operativo. Il baratto di servizi con altre attività locali può creare sinergie senza richiedere investimenti finanziari.
Accettare la Realtà: Non Tutte le Imprese Possono Sopravvivere
È una verità difficile da accettare, ma non tutte le imprese sono destinate a sopravvivere. Se un'attività non è più in grado di generare valore né per il mercato né per chi la gestisce, potrebbe essere necessario considerare alternative più radicali.
1. Chiudere e Ricominciare
Utilizzare le competenze acquisite per avviare qualcosa di nuovo in un settore più promettente può essere una soluzione. Ricominciare permette di applicare le lezioni apprese e evitare gli errori passati.
2. Vendere o Trasformare l'Attività
Vendere l'impresa a qualcuno disposto a investirci, anche per un prezzo simbolico, o trasformarla in qualcosa di più sostenibile, può offrire una via d'uscita dignitosa e la possibilità di vedere l'attività continuare sotto una nuova forma.
3. Unire le Forze
Aggregarsi con altre imprese locali per condividere costi, risorse e clienti può rafforzare la posizione sul mercato. La collaborazione può creare nuove opportunità e sinergie altrimenti irraggiungibili.
Conclusione
Le imprese che non riescono a delineare una prospettiva futura e operano con margini ridotti si trovano in una posizione estremamente critica. Il sistema, con i suoi nuovi vincoli ESG e le crescenti richieste normative, non facilita il loro percorso.
Tuttavia, la risposta non può essere sempre quella di adattarsi a tutto.
In queste condizioni, l'obiettivo principale deve essere fermare l'emorragia, guadagnare tempo e valutare realisticamente se l'attività può essere salvata o se è necessario intraprendere un cambiamento più drastico.
Non esiste una risposta facile, ma affrontare la realtà con pragmatismo può aprire la strada a soluzioni, anche in situazioni che appaiono senza via d'uscita.
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